Jamstack libera tutti…

Per tutti
By: admin

Da quando la metodologia Jamstack è stata introdotta, la stragrande maggioranza delle discussioni a riguardo sono sempre state di natura strettamente tecnica.

Quindi alla domanda generale: “Perchè Jamstack?”

La risposta ottenuta è, molto probabilmente, fornita da un tecnico che utilizza un insieme di termini, acronimi e neologismi infarciti di entusiasmo.
Chiunque abbia avuto a che fare con il web professionalmente sa molto bene come l’entusiasmo degli addetti ai lavori, scaturito da un nuovo dispositivo tecnologico, debba essere preso con la giusta cautela.
I motivi principali sono:
– Ci sarà sempre un nuovo aggeggio che fa la cosa “X” meglio di quello che faceva la stessa cosa “X” la settimana scorsa o il mese scorso…
– Qualunque strumento innovativo comporta ore di apprendimento e il rischio, piuttosto alto, che non tutto vada come ci aspettavamo, nonostante le sempre ottime premesse.

Se da una parte molti aspetti tecnici legati allo sviluppo web sono, come è giusto, appannaggio degli sviluppatori, alcuni di questi portano con sé dei cambiamenti tali da dover necessariamente sfondare la cortina di fumo del Jargon da “coder”.
Delle piccole rivoluzioni.
Il difficile sta nel cercare di decodificare in termini comprensibili una risposta alla semplica domanda formulata all’inizio: “Perchè Jamstack?”

Partiamo da una base comune: WordPress.

Ora riformuliamo la domanda: “Per quale motivo dovrei smettere di utilizzare W.?”


Pensiamo poi che a porla sia un utente generico che scrive contenuti per il suo blog oppure che vuole creare un nuovo sito internet per la sua azienda.
Teniamo in considerazione anche che il termine WordPress possa essere sostituito (con le differenze del caso) con: Joomla, Drupal, Magento, Prestashop…

Premesso anche che non esista una risposta univoca alla domanda ed ovviamente se il sito in W. è stato creato e mantenuto con professionalità e funziona bene, non c’è alcun problema nel continuare ad utilizzarlo…
Detto questo, tentiamo di rispondere, per punti, partendo dagli aspetti che interessano l’utente medio:

  • Interfaccia: W. non è semplice da utilizzare. A meno di modificare la parte dell’amministrazione, l’utente che per la prima volta si appresta a capire il funzionamento dell’interfaccia può rimanere spiazzato di fronte anche alla sola gestione dei menu.
  • Contenuti: I contenuti vengono scritti seguendo la logica di W. e anche se è possibile inserire tipi di contenuto diversi oltre a pagine ed articoli (tramite plugin), quello che viene inserito nella banca dati di WordPress entra a far parte della struttura dati di WordPress, in cui presentazione e contenuto spesso si mescolano.
    Se markup e contenuto vengono messi nello stesso contenitore significa che i dati che io utente inserisco si “sporcano” con altri dati che non hanno nulla a che vedere con quello che ho scritto.
    Quindi: scrivere in WordPress significa scrivere per WordPress.
  • Progettazione: W. permette un approccio “debole” alla progettazione. Spesso chi crea siti in wordpress installa temi e adatta i contenuti a quella struttura. Non è più una questione di creare l’ambiente giusto per le informazioni da comunicare ma, al contrario, modificare testi, immagini e dati in generale in modo che il tutto si adatti al meglio alla struttura preesistente. Questa progettazione “al contrario” è ovviamente problematica nel momento in cui si comprende che il compromesso tra struttura e contenuto porta semplicemente a svalutare il contenuto.

Passiamo a questioni leggermente più “tecniche”:

  • Plugins: Sempre più spesso W. non viene da “solo” ma si porta dietro diversi strumenti per la creazione delle pagine (builder & co.) e plugin creati da terze parti che richiedono, anche loro, una certa dimestichezza per cercare di capirne il funzionamento.
  • Aggiornamenti: L’utente di lunga data sa bene cosa significhi la parola aggiornamento.
    Ogni plugin scaricato ( W. stesso), ha bisogno periodicamente di aggiornamenti. Questi aggiornamenti in caso di malfunzionamento, possono creare problemi di accesso sia da frontend che da backend.
    In due parole il sito diventa inaccessibile da utenti e da amministratori.
  • Hackers: In modo analogo, se dei “malintenzionati” riescono a mettere le mani sul codice di W. possono fare danni seri, e di norma ne fanno, rendendo inutilizzabile il sito (per questo gran parte degli aggiornamenti di wordpress riguarda la “sicurezza”).
  • Infrastruttura: Come tutti i sistemi basati sullo stesso “paradigma”, ogni sito creato con W. viene visualizzato nei browser dopo che un numero indefinito di “chiamate” viene fatto al server.
    In poche parole ogni pagina è un puzzle in cui ogni pezzo viene richiesto e “costruito” in un server.
    Questa metodologia è piuttosto impegnativa, costosa e “lenta”, soprattutto se paragonata alla semplice pagina html già creata e disponibile sul server.
  • Standard e linee guida: da alcuni anni Google (come il W3C) promuove e aggiorna delle linee guida per la creazione di pagine web che siano strutturate in modo efficace e create con criteri ben definiti. Sempre Google mette a disposizione strumenti che aiutano a testare la “salute” di un sito in base ai requisiti richiesti.
    Aderire o meno a queste indicazioni si ripercuote sul ranking di google (SERP e SEO).
    In due parole: implementare queste linee guida con il “metodo WordPress” può diventare molto complicato soprattutto se il sito è già da tempo online e poco mantenuto.

“Scrivere in WordPress significa scrivere per WordPress

Abbiamo analizzato in ordine sparso dei punti fondamentali che caratterizzano un sistema come WordPress e lo rendono problematico sia dal punto di vista della tecnologia che da quello dell’approccio spesso utilizzato dagli utenti.
Alcuni aspetti non sono strettamente connaturati a W. ma il semplice fatto che il sistema stesso li assecondi (Builder, temi di terze parti…) deve essere preso in seria considerazione: sono infatti queste le caratteristiche che hanno fatto la fortuna di W. e soci.
La comodità del web “precotto” (in cui struttura e stile preconfezionati vengano semplicemente riempiti con contenuti adattati), è stata venduta per anni come una soluzione a basso costo che permettesse a tutti di accedere al mondo di internet.
Con il tempo e la diffusione, questo approccio ha fatto in modo che il web venisse popolato da milioni di pagine progettate al contrario.
Ed ecco che il metodo WordPress ha preso piede.
E’ sempre più facile imbattersi in siti che al primo colpo d’occhio rivelano il problema, siti con una struttura ben definita che ospita:

  • Immagini con formati non adatti.
  • Testi di dimensioni diverse che variano il bilanciamento del layout.
  • Porzioni di sito che non funzionano (mappe che non caricano, gallerie che non funzionano).
  • Esperienza mobile che si limita ad incolonnare tutti gli elementi di pagina.

“Il compromesso tra struttura e contenuto porta semplicemente a svalutare il contenuto.”

Ancora: sappiamo tutti che, se progettato bene, un sito può essere sviluppato altrettanto bene con W.
Ma se la fortuna di questi software è stata quella di proporre come quasi automatizzato gran parte del processo di design e sviluppo, ecco che i problemi sorgono.

Dal punto di vista tecnico le problematiche sono varie e, come abbiamo visto, interessano all’utente in quanto questi siti sono spesso: Fragili e esposti ad attacchi, lenti, piuttosto complessi da mantenere ed aggiornare. Anche se piuttosto semplici da popolare di testi e immagini.

Dopo questa lunga panoramica possiamo rispondere alla domanda iniziale: “Perchè Jamstack?”
Molti degli aspetti discussi fino ad ora, se avvertiti come limiti importanti, possono essere risolti con un metodo di lavoro completamente diverso.
E’ un ritorno al passato, per certi versi, in cui diverse figure professionali mettono in campo le proprie conoscenze e grazie a strumenti avanzati puntano a creare la migliore esperienza utente possibile, anche dal punto di vista dell’amministratore e del codice prodotto (vedi: SEO, SERP, e test vari.)
Jamstack propone quindi di integrare in modo sensato varie tecnologie per tenere separati contenuti da struttura e presentazione con la possibilità di ottimizzare al meglio entrambi.
Non stiamo parlando di un software che risolve tutto, non esiste nulla di tutto ciò, ma di tanti piccoli elementi ottimizzati che lavorano in sinergia.
L’esperienza di utenti e amministratori può essere progettata completamente in modo da fornire prodotti adeguati alle esigenze dei vari progetti.
Quindi: progetto e utenti sono al centro del processo di creazione, manutenzione ed estensione del sito.
I dati sono del tutto indipendenti dalla interfaccia che li legge (sitoweb, webapp…)
In questo modo è possibile utilizzare una sola fonte di informazione per creare più canali di accesso, dare più forme al nostro contenuto a seconda delle necessità.
Nel caso dei siti web si tende a fornire, a chi accede, direttamente file html, veloci e facili da indicizzare per i motori di ricerca, scritti con un codice semplice da mantenere ed estendere e sicuri.

“Non stiamo parlando di un software che risolve tutto, non esiste nulla di tutto ciò”

E l’utilizzatore medio, quello che crea i contenuti?

L’utilizzatore medio ha la possibilità di accedere alla scrittura del sito con una interfaccia semplice costruita, anch’essa, attorno alle esigenze del progetto e ai dati. Non ha senso inserire icone e voci di menu complesse e fuori contesto: chi scrive deve solo preoccuparsi di scrivere e non di premere il pulsante sbagliato.

Bene, se siete arrivati fino a qui e avete avuto la sensazione che quello a cui ci riferiamo quando parliamo di Jamstack sia qualcosa di completamente diverso dai vari WordPress, allora siete sulla buona strada. Non è un nuovo prodotto, è un modo di lavorare che ci permette di produrre siti fatti bene, sicuri, facilissimi da utilizzare, veloci e con un approccio ai contenuti che guarda al futuro.